Una delle richieste più frequenti che giungono da parte delle aziende che sono interessate alla commercializzazione di prodotti per animali è la possibilità di commercializzare in Private Label prodotti per animali.

Si tratta della situazione in cui un’azienda vorrebbe commercializzare, per diversi motivi, prodotti per animali (snack, integratori, croccantini, alimenti umidi) ma non ha necessità o possibilità di aprire uno stabilimento produttivo; la richiesta è quindi quella di far produrre “materialmente” l’alimento ad un’altra azienda già autorizzata, commercializzandolo però a proprio marchio, ed occupandosi quindi della pubblicità e della vendita dei prodotti.

Questo, naturalmente, è possibile, esattamente come avviene in numerosi casi per gli alimenti umani; non è tuttavia semplicissimo capire come fare, e spesso le informazioni vengono chieste direttamente all’azienda produttrice che, per ovvie ragioni, tende ad essere meno obiettiva di un consulente esterno indipendente; per questo motivo, provo a fare chiarezza su questo argomento, sperando di poter essere utile a chi fosse interessato a questo sistema di commercializzazione.

Da notare che questo articolo non si rivolge a chi ha, invece, intenzione di aprire uno stabilimento produttivo: in questo caso si può far riferimento a questa pagina, per l’apertura di uno stabilimento ex-novo, oppure alla seguente se avete un’azienda già in essere ma che si occupa di produzione di alimenti per persone e non per animali.

 

A chi può essere utile il Private Label?

Il Private Label viene richiesto in diverse situazioni; in generale, è utile a chi per vari motivi vuole commercializzare prodotti a proprio marchio senza però aprire uno stabilimento produttivo.

Gli esempi più tipici sono i negozi di articoli per animali, che vorrebbero creare il proprio croccantino/alimento umido/linea di snack/masticabili a proprio marchio, per distinguersi dalla concorrenza; gli allevamenti di cani o gatti, che vogliono proporre ai propri clienti un prodotto personalizzato (magari un alimento completo, croccantini o crudo/BARF, sulla base di una dieta formulata da un Medico Veterinario per il loro allevamento); ci sono poi aziende che già commercializzano integrazioni che vorrebbero far produrre integratori a proprio marchio, e aziende che già producono mangimi ma che non hanno (e non sono interessati ad avere) macchinari per un certo tipo di produzione (ad esempio, aziende BARF che vorrebbero produrre anche cibo umido in scatola ma non vogliono acquistare l’attrezzatura necessaria, per motivi economici) che potrebbero essere interessati ad un Private Label solo per alcuni prodotti.

Da non dimenticare anche le aziende che vorrebbero diventare realtà produttive ma, in fase iniziale, non hanno possibilità di investimento per strutture e attrezzature: un modo per entrare nell’ambiente e iniziare a creare il proprio marchio è proprio il Private Label.

 

Cos’è necessario per commercializzare mangimi (alimenti per animali) in Private Label?

Tra tutte le attività che è possibile avviare in ambito mangimistico, cioè di commercializzazione di alimenti per cani e gatti, la commercializzazione in Private Label è in assoluto la più economica, in quanto le necessità iniziali sono veramente pochissime. In sostanza, le necessità basilari e imprescindibili sono solamente due:

  • Un’azienda che produca materialmente il prodotto (ovviamente)
  • La Partita IVA

Non c’è bisogno di alcuno stabilimento produttivo, e nemmeno di un magazzino di stoccaggio ovviamente qualora il prodotto venga spedito direttamente dall’azienda produttrice. Qualora invece le spedizioni vengano gestite in proprio, si aggiunge a queste necessità anche un fondo commerciale che dovrà essere utilizzato come deposito per la vendita. Quest’ultima possibilità in genere non rappresenta un grande problema, perché chi è interessato al Private Label commercializza o via internet (e fa gestire le spedizioni direttamente all’azienda produttrice), oppure ha già un’attività in essere (centro cinofilo, allevamento di cani o gatti, negozio al dettaglio di articoli per animali…) per cui lo spazio per lo stoccaggio non rappresenta, generalmente, un problema, anche se è necessario controllare, insieme al geometra, le normative edili del comune di riferimento per questo tipo di attività.

La Partita IVA naturalmente è necessaria per la commercializzazione, per ragioni fiscali; di solito si tratta di Partita IVA già in essere per altra tipologia di attività (come quelle sopra menzionate) a cui deve essere generalmente aggiunto il Codice di Attività Economica (codice ATECO) per la commercializzazione di alimenti per animali al dettaglio.

Infine, c’è bisogno dell’azienda che produca materialmente il prodotto, che deve essere naturalmente scelta direttamente da chi si occupa della produzione. E’ sicuramente la scelta più delicata, perché tutta la commercializzazione dipenderà dal lavoro di quell’azienda: deve trattarsi di un’azienda affidabile, in cui siamo in buoni rapporti, che dia garanzie di sicurezza e che sia disponibile a mettere a disposizione la documentazione richiesta. Sono tutte necessità che garantiscono la trasparenza dell’azienda, perché affidarsi per la produzione ad un’azienda su cui si ha qualche riserva può significare veder interrotta, o rallentata, la produzione per certi periodi (ad esempio) e ritrovarsi senza prodotto, e senza poter trovare alternative velocemente (è diverso dall’azienda produttrice che, in caso di mancanza di materia prima, può sopperire rivolgendosi ad altri fornitori e adattando il prodotto: qui è più complesso perché bisogna trovare altri fornitori, allacciare i rapporti, valutare le proposte… è un processo che richiede anche diverse settimane).

Non tutte le aziende produttrici possono fornire prodotti in Private Label, però.

In particolare, se la produzione riguarda alimenti esclusivamente di origine vegetale, è possibile affidarsi a tutte le aziende mangimistiche registrate come produttori, senza necessità di riconoscimento. L’azienda produttrice deve tuttavia fornire (o, nel caso non lo avesse già fatto, richiedere all’Autorità Competente) il numero di identificazione, come da indicazioni dell’All. V, Capo 2, del Reg. UE 183/05, che per le aziende italiane ha formato ITXXXXXXXX, dove le X sono il numero identificativo variabile fornito dall’Autorità Competente. Da notare che il numero viene fornito all’azienda produttrice, non a chi commercializza in Private Label.

Per i prodotti che, invece, contengono anche ingredienti per animali, è necessario il numero di riconoscimento, in quanto, come indicato nella nota DIGSAN 0029954-P-25/07/2016, pag. 2:

Nel caso in cui l’attività comporti anche la commercializzazione delle preparazioni alimentari per uso petfood ad altri intermediari (altri dettaglianti e grossisti) è necessario un riconoscimento dell’attività ai sensi del Reg. CE 1069/2009.

L’azienda produttrice deve necessariamente comparire sugli elenchi delle Autorità Competenti italiana o degli altri paesi europei come azienda riconosciuta, con il relativo numero di riconoscimenti che ha un formato ABPXXXXXPETPR3 o, in alternativa, ABPXXXXXPETPP3, a seconda delle autorizzazioni aziendali (non entro nel merito della differenza per non divagare eccessivamente).

Questi elenchi, tra l’altro, si possono utilizzare anche per avere un elenco di aziende da poter contattare per le forniture, qualora si iniziasse senza avere un produttore di riferimento (da notare che le aziende che compaiono in questi elenchi producono tutti i tipi di Petfood, quindi sta al cliente trovare quelle che producono gli alimenti a cui si è interessati: è inutile, ad esempio, contattare un’azienda che produce solo prodotti a base di carne cruda/BARF per chiedere di produrre dei croccantini: non ha i macchinari!).

 

Normative da rispettare e responsabilità

Per quanto riguarda le normative da rispettare e, di conseguenza, le responsabilità di chi appone il proprio nome e ragione sociale sul prodotto, queste sono essenzialmente legate alle normative sull’etichettatura. Il commerciante del prodotto Private Label, infatti, non può avere responsabilità di tipo sanitario, non “toccando” mai direttamente il prodotto. Se in un prodotto è presente Salmonella, o sono presenti corpi estranei, o ancora non è stata rispettata la catena del freddo, la responsabilità ricade sempre sul produttore e non sull’azienda che commercializza il prodotto a proprio marchio; non lavorando direttamente il prodotto, infatti, chi lo commercia non può avere responsabilità in questo senso.

Le responsabilità sull’etichettatura, invece, sono interamente a carico di chi commercializza il prodotto, che quindi deve essere sicuro di quanto scritto in etichetta.

Infatti, secondo il Reg. UE 767/09: La persona responsabile dell’etichettatura è l’operatore del settore dei mangimi che immette per primo un mangime sul mercato o, se del caso, l’operatore del settore dei mangimi il cui nome o la cui ragione sociale sono utilizzati per la commercializzazione del mangime.

Sull’etichetta di un prodotto mangimistico sono obbligatorie, tra le altre cose, anche la ragione sociale e l’indirizzo dell’azienda: questi dati possono essere relativi all’azienda che produce (per chi produce) o all’azienda che commercializza, che è il caso del Private Label. La differenza in etichetta sarà del tipo:

  • Azienda che produce: Prodotto da Azienda s.r.l., via Marconi 3, 00000, Roma. Numero di riconoscimento ABP00000PETPP3.
  • Azienda che commercializza in Private Label: Prodotto per Private Label s.r.l., via Garibaldi 5, 20000, Milano nello stabilimento con numero di riconoscimento ABP00000PETPP3.

Da notare che nel secondo caso i dati sono quelli dell’azienda Private Label, tutti tranne uno: il numero di riconoscimento, che deve essere sempre quello dell’azienda produttrice. In questo modo è sempre possibile risalire al produttore effettivo, ma i dati del produttore non sono subito evidenti per il proprietario, così che il produttore “vero” resti celato (ci si può risalire, ma con un po’ di fatica) e il produttore non possa fare concorrenza diretta alla Private Label.

L’apposizione del proprio indirizzo e ragione sociale, però, rendono automaticamente chi fa Private Label il responsabile dell’etichettatura, che pone una serie di responsabilità, ad esempio:

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  • Bisogna essere certi che i valori nutrizionali (proteine grezze, grassi grezzi, ecc.) siano veritieri
  • Bisogna fare attenzione che gli ingredienti siano scritti in modo corretto
  • Bisogna assicurarsi, nella pubblicità, di non utilizzare i termini vietati nella pubblicità mangimistica come da Nota DIGSAF 0019105-P-11/07/2019.
  • Bisogna assicurarsi il rispetto dei termini descritti dal Reg. UE 354/20 in caso di produzione di prodotti terapeutici (comprese le integrazioni).

Le sanzioni, in particolare quella sui termini vietati nella pubblicità mangimistica, per il mancato rispetto delle prescrizioni in merito all’etichettatura, sono molto salate, come è possibile verificare nel Decreto Legislativo 26/2017 relativo alle sanzioni sulle inadeguatezze in etichettatura.

Per questo motivo, è molto importante essere sicuri della correttezza delle informazioni sia in etichetta sia, nel caso di vendita a distanza, per le informazioni riportate nella pagina di vendita del prodotto dal sito aziendale, che fa a tutti gli effetti parte dell’etichettatura (perché chi acquista non ha altro modo per controllare le informazioni in etichetta prima dell’acquisto, altrimenti).

 

I costi del Private Label

Come precedentemente indicato, gli investimenti per il Private Label sono bassi, se paragonati con il costo di acquisto di struttura e attrezzature produttive: per questo viene considerato anche un buon modo per iniziare a commercializzare Petfood senza grossi investimenti iniziali. Alcuni costi, però, devono essere considerati.

  • Il costo delle pratiche commerciali, gestione della Partita IVA da parte di un commercialista, è sempre presente anche se spesso, essendo condiviso con altre attività già in essere, tende ad essere limitato.
  • Il minimo d’ordine è solitamente il costo più impattante per l’azienda. Chi produce in Private Label, solitamente, impone un minimo d’ordine a fronte di un lavoro aggiuntivo: il produttore deve personalizzare il prodotto per il cliente, deve stampare etichette diverse (le etichette vengono stampate e apposte direttamente dal produttore, anche se l’impaginazione grafica viene fatta da chi commercializzerà), aprire linee produttive diverse: generalmente non vengono imposti costi, ma il produttore si assicura che chi acquista comprerà almeno una certa quantità di prodotti. Difficilmente i produttori accettano di produrre solamente 10 unità; ne producono centinaia o migliaia, e queste devono essere pagate subito e poi, man mano, vendute da chi commercializza.
  • Il piano di autocontrollo è un costo necessario esclusivamente per chi vorrebbe fare Private Label per la vendita all’ingrosso. Infatti, il Reg. CE 183/05 che parla del piano di autocontrollo mangimistico (Art. 2) non si applica alla vendita al dettaglio di mangimi per animali da compagnia. Se la commercializzazione viene effettuata solamente al dettaglio (di solito è così), non c’è bisogno del piano di autocontrollo. Se viene effettuata la commercializzazione all’ingrosso, invece, è un costo presente che deve essere considerato.
  • Il costo del consulente sanitario varia in base al tipo di produzione che si vuole effettuare; sebbene non si tratti di una figura obbligatoria, in alcuni casi è poco necessario, mentre in altri risulta molto utile, se non quasi indispensabile per evitare problemi successivi, come vedremo nel prossimo paragrafo.

 

Il consulente sanitario è necessario per il Private Label?

Il Consulente sanitario è una figura non obbligatoria né richiesta dalla legge. Si tratta di una figura che, indipendentemente dalla formazione, deve essere esperta di normativa mangimistica: le normative sono completamente separate dalla normativa alimentare (alimenti destinati al consumo umano), per questo anche un ottimo consulente specifico per le aziende umane potrebbe non conoscere la normativa mangimistica. La figura migliore è senza dubbio quella di un Medico Veterinario Specialista in Ispezione degli Alimenti, però effettivamente poche figure come questa si occupano di consulenza facendo la libera professione; per questo esistono anche altri professionisti che offrono servizi di consulenza, ma la costante deve rimanere la conoscenza attenta della normativa mangimistica.

Il consulente sanitario segue solitamente le aziende produttrici, dove redige il piano di autocontrollo, le procedure di sicurezza e mantiene i rapporti con le Autorità Competenti; però può essere utile anche in caso di produzione Private Label.

Alcuni motivi sono comuni a tutte le tipologie produttive, e sono principalmente due:

  • Valutare il prodotto che viene proposto dall’azienda: l’azienda produttrice tende a mostrare sempre il proprio prodotto come migliore possibile (ovviamente); un’opinione da parte di un esperto indipendente sarà molto più oggettiva, e quindi un colloquio con un consulente sanitario è utile anche solo per questo tipo di valutazione.
  • Come già indicato, bisogna essere sicuri dell’azienda produttrice. Un consulente sanitario può controllare le autorizzazioni sanitarie (che sono la base) ma anche la specifica documentazione fornita, la disponibilità al rilascio e, nel caso, effettuare (insieme all’azienda che commercializzerà in Private Label) visite ispettive di seconde parti nell’azienda produttrice (visita di “seconde parti” significa visita dal cliente al produttore). Le visite ispettive sono effettuate in presenza e ovviamente sono più costose (spese della giornata di lavoro e per lo spostamento) ma sono il modo migliore per valutare la serietà dell’azienda produttrice: in diversi casi, non aver effettuato l’ispezione ha rappresentato in seguito un problema per l’azienda Private Label, specialmente se tutta l’attività era incentrata sulla commercializzazione dei prodotti di quell’azienda (attenzione!). In altri casi, ad esempio quando solo una parte del venduto proviene da quell’azienda, oppure quando la commercializzazione in Private Label affianca altre attività già presenti, può non essere effettuata la visita ispettiva nello stabilimento che viene sostituita con il meno costoso invio della documentazione da parte del produttore, che comunque fornisce alcune garanzie (anche se inferiori rispetto alla visita ispettiva di persona).

A seconda della tipologia di prodotto, è possibile che il consulente abbia anche altri ruoli, che distinguo a seconda della complessità della richiesta:

  • Qualora si voglia commercializzare un prodotto identico a quello già commercializzato dall’azienda di base (di solito il vantaggio è che il minimo d’ordine è più basso), non ci sono grosse necessità, perché l’etichetta (salvo la grafica e i dati della società) è praticamente identica all’originale. Il consulente può essere utile soprattutto per controllare le indicazioni pubblicitarie in etichetta e l’impaginazione grafica, che comunque è un lavoro molto semplice e dai costi limitatissimi.
  • Qualora si voglia commercializzare un prodotto diverso da quello dell’azienda base (in pratica, con l’azienda base che lo personalizza secondo le nostre necessità) l’azienda produttrice non si accolla, di solito, i costi delle analisi nutrizionali (proteine grezze, grassi grezzi…) che sono a carico di chi commercializzerà il prodotto. In questo caso di solito si preferisce fare le analisi presso un proprio laboratorio di riferimento, mentre il consulente sanitario le riporterà in etichetta e si occuperà anche della redazione della lista degli ingredienti, che devono essere indicati secondo le regole imposte dal Reg. CE 767/09 e con l’indicazione delle materie prime come identificate dal Reg. UE 1104/2022.
  • Qualora si voglia commercializzare un prodotto completo personalizzato, il consulente diventa una figura pressoché indispensabile perché, tra le altre cose, anche l’indicazione di “alimento completo” deve essere verificata da chi commercializzerà il prodotto. E’ sicuramente la situazione più complessa, richiede numerose analisi (abbastanza costose) e il consulente di solito tiene i rapporti con l’azienda produttrice sia perché di solito è lui a formulare direttamente la ricetta del prodotto completo ma anche perché se, ad esempio, qualora nella ricetta alle analisi di laboratorio mancassero alcuni nutrienti per renderla completa questa deve essere modificata, e la modifica va fatta anche in base alle disponibilità di chi produce (ad esempio, delle materie prime che può reperire). Diventa difficile seguire questa parte senza un consulente sanitario di riferimento, che può essere esterno o anche il consulente dell’azienda produttrice anche se, in questo caso (specialmente se è un dipendente dell’azienda e non un professionista esterno) rimane la possibilità che presenti il prodotto come migliore di quello che effettivamente è (quindi attenzione).

In tutti i casi, personalmente redigo anche un piccolo manuale con la documentazione di riferimento per l’azienda che si occupa di Private Label. Non è obbligatorio (come abbiamo visto, il piano di autocontrollo non è obbligatorio se i prodotti Private Label vengono venduti solamente al dettaglio) ma a causa di problemi pregressi consiglio caldamente la raccolta della documentazione. Problemi che mi sono capitati in passato sono stati la contestazione da parte dell’Autorità Competente della completezza nutrizionale, o delle indicazioni riportate nella tabella nutrizionale, o dell’indicazione degli ingredienti secondo le regole normative.

Se, in fase di redazione dell’etichetta, tutte le indicazioni (compresi i riferimenti normativi) vengono riportate nella documentazione che rimane a disposizione dell’azienda, le Autorità sono molto più “tranquille” nelle loro valutazioni (esempio pratico che mi è capitato personalmente relativo a un’etichetta di un prodotto – una torta per cani – contenente molti additivi, quando riportammo all’ASL la documentazione con tutti i riferimenti normativi di tutti i singoli ingredienti la collega Veterinario Ufficiale fu molto più “tranquilla” nelle valutazioni di un prodotto molto complesso). Questo può evitare, ad esempio, prescrizioni o sanzioni che magari non sono corrette ma che richiederebbero, per far valere la propria correttezza, un ricordo per vie legali che, in questo modo, può essere evitato (anche questo è successo in passato).

Quest’ultima parte, naturalmente, dipende dalla gestione personale del singolo consulente sanitario, e non essendo obbligatoria io stesso la propongo come facoltativa, ma la trovo un modo semplice e piuttosto economico di evitare problemi nel proseguo dell’attività.

 

Come già ho indicato in varie parti di questo testo, ricordo che personalmente mi occupo di consulenza sanitaria per varie aziende mangimistiche e delle prestazioni professionali descritte in questa pagina: in caso di necessità potete contattarmi all’indirizzo mail valerioguiggi@gmail.com per avere maggiori informazioni, parlarmi del vostro progetto ed avere un preventivo delle spese di consulenza, variabile in base alla tipologia di attività. Offro supporto, anche con ispezioni in loco, in tutta Italia (posso spostarmi in tutte le direzioni anche se abito e lavoro, di base in Toscana).

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