Una delle patologie legate all’alimentazione più frequenti, che colpisce un grande numero di cani e di gatti, e che rappresenta un problema per il proprietario perché difficile da risolvere, è l’allergia alimentare.
Si tratta di una delle possibili reazioni avverse al cibo, nella quale c’è il coinvolgimento del sistema immunitario; esistono anche reazioni in cui il sistema immunitario non è coinvolto (definite genericamente “intolleranze”), che devono essere differenziate dalle allergie vere e proprie.
In questa pagina ci occupiamo delle allergie e della loro comparsa, in gergo medico della loro patogenesi, escludendo quindi la terapia di cui parleremo invece in altre occasioni. Ci porremo quindi una serie di domande importanti: perché un cane o un gatto diventa allergico? Quando si manifestano le allergie? E’ possibile evitarle completamente in un animale sano, insomma evitare che un cane o un gatto sano diventi allergico?
Di seguito le risposte con la relativa letteratura di riferimento. Per chi, però, preferisse ascoltare anziché leggere, è disponibile lo stesso contenuto in formato video.
Cos’è un’allergia
Iniziamo riassumendo, in poche parole, cos’è un’allergia, e qual è il meccanismo per il quale si sviluppa.
Un’allergia è definita (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 201) come uno stato di sensibilizzazione del sistema immunitario verso un antigene, normalmente innocuo, verso cui si ha un’eccessiva risposta immunitaria. L’antigene, a sua volta, è una qualsiasi sostanza che può essere riconosciuta dal sistema immunitario come estranea o pericolosa (il fatto che sia riconosciuta come pericolosa non è detto però che lo sia davvero!).
Il meccanismo fondamentale per lo sviluppo di un’allergia, o più genericamente di un’ipersensibilità, è che l’organismo sia venuto in contatto con l’antigene in precedenza, altrimenti non può conoscerlo e nemmeno considerarlo pericoloso. Un’esposizione solitamente non è problematica, ma se le esposizioni aumentano di numero, e sono tante e frequenti, diventa man mano più probabile che si sviluppi il meccanismo di ipersensibilità (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 139).
Gli antigeni, denominati allergeni se scatenano la reazione allergica, sono sostanze estranee all’organismo, e possono arrivare dall’ambiente (ad esempio i pollini, che vengono in contatto con l’apparato tegumentario), dall’aria (in contatto con l’apparato respiratorio) e dagli alimenti (in contatto con l’apparato digerente). Le allergie alimentari appartengono all’ultima categoria.
Perché un cane o un gatto sviluppa un’allergia?
Una risposta precisa e specifica al perché, da un giorno all’altro (o quasi), l’animale diventi allergico ancora non la abbiamo, ma esistono una serie di fattori di rischio, e su alcuni di questi si può agire per rendere l’insorgenza dell’allergia meno probabile.
- Sembra ormai chiaro che ci sia una base genetica, che negli animali solitamente corrisponde ad una predisposizione di razza (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 202), e questo è un fattore su cui rimane difficile intervenire. La predisposizione è per lo sviluppo dell’allergia, ma non per l’allergene (quindi nessuna razza è più incline ad essere allergica ad un’allergene del pollo piuttosto che del bovino, come vedremo meglio tra poco).
- Anche l’età sembra influenzare la comparsa delle allergie: il 75% delle allergie si sviluppa entro il i tre anni di età dell’animale (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 202) anche se le allergie si possono sviluppare anche in animali più anziani.
- L’esposizione di antigeni alimentari ripetuta (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 203) sembra aumentare la probabilità che si possano sviluppare allergie.
- Il benessere intestinale, per gli allergeni alimentari, sembra essere importante nel ridurre lo sviluppo delle allergie. Infatti, se le difese intestinali funzionano bene, c’è meno contatto tra l’interno dell’intestino e i vasi sanguigni, e questo impedisce all’allergene di entrare nel circolo ematico. Se non entra nel sangue non verrà riconosciuto, e verrà a mancare il requisito di base per lo sviluppo dell’allergia.
- Altre malattie, generalmente le malattie infettive (Catchpole et al., Veterinary Immunology, Principles and Practice, 2nd Edition, CRC Press, pag. 204) possono aumentare lo sviluppo di un’allergia, probabilmente a causa di una stimolazione eccessiva del sistema immunitario.
Che cos’è un allergene?
Ma a che cosa si può diventare allergici, precisamente, insomma quali sostanze possono essere considerate allergeni e quali no?
Le caratteristiche di base sono che l’allergene deve essere estraneo all’organismo (un cane non può essere allergico a sé stesso), essere abbastanza grande da poter essere riconosciuto (almeno 10.000 dalton di dimensioni nell’uomo, probabilmente anche nel cane e nel gatto: è per questo che le proteine idrolizzate nei croccantini, idrolizzate solitamente a dimensione di 6.000 dalton, non vengono riconosciute come allergeni) ed avere una struttura tridimensionale. Questo esclude dagli allergeni tutte le strutture piccole e troppo semplici come il glucosio (non si può essere allergici al glucosio) o gli amminoacidi.
Non esclude però le molecole più grandi come le proteine, che possono causare una reazione allergica. Spesso sono allergeni anche le glicoproteine, cioè proteine legate a catene di oligosaccaridi (molecole composte sia da proteine che da zuccheri); infine possono essere allergeni anche sostanze che non appartengono a queste categorie (come alcuni farmaci, Peterson et al., Small Animal Toxicology, Third Edition, Elsevier, 2012, pag. 281).
Non ci sono dati invece per gli additivi, che non possono causare allergia perché sono molecole molto piccole. Anche se spesso si pensa il contrario, le molecole piccole non sono in grado di causare allergia, anche se possono essere coinvolti nelle intolleranze (che, ricordiamo, sono una patologia diversa dalle allergie).
Inoltre, deve essere ben chiaro che ogni animale è allergico ad alcune strutture specifiche di quello che mangia, ma non “a quello che mangia”.
Nel senso che se un animale è allergico al pollo, in realtà non è allergico al pollo in sé ma ad una delle tantissime proteine presenti nel pollo, che per esempio può essere presente in un tessuto ma non in un altro. Esempio tipico è quello di cani allergici alla carne di pollo ma non alle proteine dell’uovo (che deriva comunque dal pollo), o allergici alla carne bovina ma non al latte bovino (che è un prodotto di origine bovina).
Quindi non si è allergici “al pollo”, “al tacchino” o “al grano”, ma solamente ad alcune strutture presenti in quell’organismo.
E diffidate di chi parla di diete ipoallergeniche: (Fascetti A., Delaney S., Applied Veterinary Clinica Nutrition, Pag. 168) è un termine sbagliato, perché nessun alimento è di per sé ipoallergenico.
Ci sono alimenti che al cane Pippo non causano allergie, e quelli sono ipoallergenici per Pippo, e altri alimenti che al cane Pluto non causano allergie, che sono quindi ipoallergenici per Pluto. Dire che il pollo “è più allergenico” dell’agnello è sbagliato, è solamente che, statisticamente, più animali vengono in contatto con il pollo e quindi presentano una probabilità maggiore di diventare allergici al pollo. Il pollo non è in alcun modo “più cattivo” dell’agnello, del cavallo o della renna. Questi ultimi sono solo meno diffusi del pollo.
Quali sono i fattori che aumentano le probabilità di sviluppo di un’allergia?
La sensibilità al calore degli allergeni è un fattore importante: la cottura può trasformare la struttura tridimensionale delle sostanze ingerite, e questo può modificare (“denaturare”) un allergene tanto da non renderlo più riconoscibile per l’organismo, oppure può modificare la struttura di una sostanza che non era un allergene ma lo diventa. E’ il motivo per cui, a volte, allergie all’alimento cotto non si riscontrano negli alimenti crudi e viceversa.
Inoltre, il fatto che un allergene possa causare sensibilità dipende molto anche dalla digeribilità di quella sostanza: se una sostanza è più digeribile avrà più possibilità di essere denaturata, spezzata, quindi di non essere più riconosciuta come allergene. Con proteine poco digeribili, invece, le probabilità che l’allergene arrivi intatto all’intestino aumentano, quindi aumenta la possibilità che si possa verificare una reazione allergica.
Solitamente gli allergeni che causano allergie alimentari sono ingredienti di base nella dieta seguita, in un periodo anche piuttosto lungo, dal cane e dal gatto, contro cui si verifica una sensibilizzazione progressiva. Difficilmente un cane o un gatto diventa allergico a un alimento che ha mangiato solo una volta.
Se l’ipersensibilità si instaura, ad aumentare la probabilità che un animale presenti segni clinici contribuiscono due fenomeni:
- La sensibilità ad allergeni multipli, perché sembra che più di un terzo degli animali allergici sia sensibile non ad uno, ma a più allergeni, fattore che rende più difficile la diagnosi (perché è più difficile capire a cosa è allergico);
- La cross-reattività. Alcuni allergeni si somigliano tra loro, e questo può fare in modo che un allergene a cui l’animale non è sensibile venga comunque attaccato perché assomiglia ad un altro allergene a cui l’animale, invece, è allergico. Solitamente le cross-reazioni sono osservate tra gli allergeni di origine simile tra loro: pollo o tacchino, nasello e merluzzo, grano tenero e grano duro sono alcuni esempi di possibili cross-reazioni.
Come si può evitare che si instauri un’allergia?
E’ impossibile, secondo le conoscenze scientifiche attuali, essere sicuri al 100% che il nostro cane o gatto diventi allergico. Questo dipende molto dalla presenza di una componente genetica che non si può sottovalutare. E, comunque, il cane e il gatto qualcosa devono pur mangiare nei primi anni di età (quando è più probabile che si sviluppino le allergie), per cui non si è mai completamente sicuri che le allergie non si svilupperanno.
Tuttavia ci sono una serie di consigli su cui possiamo basarci, quantomeno, per diminuire le probabilità che si sviluppi una reazione allergica, sulla base di quanto abbiamo detto.
- Evitare le diete ipoallergeniche quando l’animale non è allergico, a meno di variare spesso fonti proteiche diverse. Questo perché, come abbiamo visto, l’allergia si sviluppa quando c’è una stimolazione ripetuta a lungo nel tempo dello stesso allergene. Siccome le diete ipoallergeniche sono monoproteiche, si finisce per dare (ad esempio) solo agnello per lunghi periodi. E fornendo solo agnello per mesi o anni a un cane non allergico… si rischia di farlo diventare proprio allergico a quello!
- Evitare di fornire sempre lo stesso alimento (anche non ipoallergenico) per lo stesso motivo. La variabilità alimentare riduce il contatto prolungato con un allergene singolo, riducendo la possibilità di sviluppo di un’allergia.
- Fornite alimenti più digeribili: meno sono digeribili, più ci sono probabilità che l’allergene arrivi intatto nell’intestino e penetri all’interno del circolo sanguigno. Se usate croccantini (tra gli alimenti meno digeribili) valutate se associare del cibo umido o del casalingo, entrambi caratterizzati da una digeribilità (e da una variabilità) maggiore. In alternativa, è utile considerare la possibilità di un’alimentazione casalinga, più digeribile rispetto alle diete industriali.
- Prendetevi cura dell’intestino del vostro animale, specialmente quando ha avuto dei problemi (come la diarrea da malattie infettive o parassitarie come la Giardia): probiotici e fibre prebiotiche possono essere utili per ripristinare lo stato della mucosa intestinale, riducendo così le probabilità di sviluppo dell’allergia.
- Curate l’alimentazione fin da quando l’animale è cucciolo, visto che sono proprio i primi anni di vita ad essere determinanti per lo sviluppo dell’allergia. Se siete interessati a passare ad un’alimentazione casalinga fatelo fin da subito, non aspettate che l’animale sia adulto “altrimenti ci sono delle carenze” (se la casalinga è formulata correttamente carenze non ce ne sono!).
Seguendo queste semplici regole si riducono notevolmente le possibilità che si possa sviluppare un’allergia alimentare. Come già detto, non si possono ridurre a zero, ma visto che le regole non sono complesse da seguire vale la pena di fare il possibile per evitare l’allergia che, se si sviluppa, diventerà una piaga sia per il cane o il gatto che ne soffre, sia per il proprietario, per tutta la durata della sua vita.
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