Tra i tanti ingredienti, spesso poco compresi, che si possono trovare negli alimenti industriali per cani e gatti, nella lista degli ingredienti, ci sono le proteine idrolizzate. Si possono trovare, come si può vedere dalle due etichette qui sotto, un po’ in tutti gli alimenti, ma in particolare si trovano spesso negli alimenti per cani e gatti con reazioni avverse al cibo, quindi destinati all’alimentazione degli animali allergici.

Un alimento idrolizzato specifico per le allergie. L’ingrediente proteico principale sono le piume sottoposte al processo di idrolisi.

Un alimento per cani che contiene anche un ingrediente idrolizzato, il fegato. In questo caso l’idrolisi è utile per modificare il sapore dell’alimento finale e non per supportare patologie specifiche.

La maggior parte delle volte, come vediamo qui sopra, l’indicazione non riporta solamente “proteine”, ma il prodotto di partenza dell’idrolisi: si può quindi trovare, per esempio, fegato idrolizzato oppure farina di piume idrolizzata. E alcune di queste diciture spaventano, perché sappiamo che una piuma è un alimento pressoché indigeribile sia per il cane che per il gatto.

Per questo motivo, ci chiediamo: che cosa sono precisamente le proteine idrolizzate? Sono veramente utili, sono innocue o sono pericolose per il cane e per il gatto? A che cosa servono? E se il mio cane o il mio gatto ne ha bisogno le dovrà assumere per tutta la vita?

Proteine idrolizzate: cosa sono? La definizione normativa

Per capire che cosa siano le proteine idrolizzate dobbiamo verificare la definizione normativa, che troviamo nel Regolamento UE 2017/1017.

Qui troviamo due definizioni, quella generale di “idrolisi” e quella, più specifica, di “proteine animali idrolizzate”, accompagnata dalle diverse definizioni delle proteine vegetali idrolizzate.

Si definisce idrolisi (Allegato 1, Parte B, punto 40):

La riduzione della dimensione molecolare mediante appropriato trattamento con acqua, calore/pressione, enzimi o acidi/alcali.

Si definisce invece “proteina animale idrolizzata” (Allegato 1, parte C, punto 9.6.1):

Polipeptidi, peptidi e aminoacidi, e loro miscele, ottenuti per idrolisi di sottoprodotti di origine animale, che possono essere concentrati per essiccazione.

Cosa sono e come vengono prodotte?

Per capire meglio che cosa siano le proteine idrolizzate bisogna capire che cos’è il processo di idrolisi. 

Le proteine non sono composti singoli, ma sono strutture complesse composte da tante unità di base dette amminoacidi. Sono catene, per cui gli amminoacidi sono legati tra loro, e rimangono collegati tramite il legame peptidico.

La struttura di base di una proteina. Nella struttura primaria, la prima nell’immagine, le singole unità sono gli amminoacidi collegati tra loro con legame peptidico.

L’idrolisi è il processo che rompe il legame peptidico. Non li rompe tutti, ne rompe alcuni, il cui numero aumenta man mano che l’idrolisi progredisce. Così le proteine complesse vengono scomposte in proteine più semplici, poi in polipeptidi, cioè catene di amminoacidi più o meno lunghe (che non hanno più la struttura delle proteine), fino ad arrivare agli amminoacidi, le unità di base.

Il processo di idrolisi può essere:

  • Naturale, ed avviene nello stomaco degli animali, anche in quello del cane e del gatto (o nel nostro); è permesso dall’acidità gastrica e dagli enzimi, e le proteine vengono smontate in piccole catene di amminoacidi che, poi, verranno assorbite. Il processo è più o meno efficiente in base a vari fattori, che abbiamo visto nell’articolo sulla digeribilità delle proteine.
  • Artificiale, ovvero fatto in laboratorio. In questo caso le proteine vengono messe in contatto con acidi o enzimi che spezzano le catene di proteine formando polipeptidi e amminoacidi singoli. L’idrolisi è quindi, praticamente, una predigestione delle proteine che arrivano nello stomaco già in parte scomposte, già digerite, togliendo quindi parte del lavoro allo stomaco e modificando sostanzialmente la loro struttura, modifica che le rende utili per gli animali allergici.

Il processo di idrolisi (in questo documento viene mostrato, per esempio, il processo per l’idrolisi delle proteine del pesce, destinate proprio all’alimentazione degli animali) è sicuro, e per i mangimi di solito è catalizzato dagli enzimi, che distruggono le proteine e le predigeriscono.

Da una proteina complessa l’idrolisi enzimatica permette di ottenere delle strutture più semplici.

L’idrolisi si può fare con qualunque proteina, anche nobile, ma la normativa rende possibile partire dai sottoprodotti di origine animale, come abbiamo visto prima. Per il cane e il gatto si utilizzano principalmente (Pibot P., Biourge V., Elliott D., Enciclopedia della nutrizione clinica del cane, Royal Canin, 2006, pag. 126), le proteine derivanti dalla soia oppure dal pollo per questo processo di idrolisi, perché sono quelle più economicamente vantaggiose.

Del pollo, però, solitamente non si utilizzano tutte le proteine: in particolare, i sottoprodotti più “appetibili” per l’azienda mangimistica sono le penne e le piume dei polli macellati, che non si potrebbero utilizzare in nessun altro modo. Sulla confezione non sempre è scritto perché il Regolamento 2017/1017 non obbliga a scrivere la specie animale, né la parte di animale, da cui le proteine provengono, quindi a volte è possibile trovare semplicemente scritto “proteine idrolizzate”.

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Le penne non sono digeribili (o lo sono pochissimo) sia dal cane che dal gatto, il cui stomaco non riesce ad effettuare naturalmente l’idrolisi di queste proteine, perché sono troppo compatte e molto resistenti; tuttavia, se gli enzimi gastrici non riescono a distruggerle la procedura industriale riesce dove lo stomaco del cane e del gatto fallisce, rendendo le proteine più piccole, più “morbide” e quindi attaccabili anche dagli enzimi gastrici; di conseguenza le proteine delle penne e delle piume sono più digeribili e assorbibili dall’organismo.

Queste vengono ridotte, infatti, ad una dimensione abbastanza piccola, così da avere due vantaggi:

  • Rende possibile l’assorbimento intestinale, quindi di fatto nutre (mentre la materia di partenza, non assorbibile, non nutre);
  • Non viene riconosciuta come allergene, perché la struttura è completamente diversa da quelle iniziale, quindi potrebbe essere usata come alimento in animali che con le proteine indigerite di quell’alimento hanno problemi.

Quando si utilizzano le proteine idrolizzate? Possono essere pericolose?

L’utilizzo delle proteine idrolizzate è legato soprattutto alle reazioni avverse al cibo, quello in cui le strutture complesse delle proteine rendono difficile la digestione.

Il successo di queste proteine, da questo punto di vista, è riportato in diverse fonti scientifiche, come questo lavoro, oppure libri di nutrizione (Hand M. et al., Small Animal Clinical Nutrition, 5th ed., Mark Morris Institute, 2010, pag. 618) mostrano i diversi benefici che queste proteine possono avere: risolvono la maldigestione proteica (perché sono già digerite), non si comportano come allergeni e possono essere facilmente assorbite in corso di malattie gastrointestinali; dal punto di vista scientifico, in nutrizione, hanno una loro utilità.

Ma attenzione, l’utilità è specifica per alcune situazioni, e non possiamo generalizzare; se utilizzate per un certo periodo di tempo possono essere utili dal punto di vista diagnostico, ma in generale non è il caso di continuare ad utilizzarle per tutta la vita dell’animale ma solo per un periodo limitato: cerchiamo di capire perché.

L’utilizzo più comune che viene fatto degli alimenti che contengono principalmente questo ingrediente è la diagnosi di una reazione avversa al cibo. Se un medico veterinario sospetta un’allergia alimentare nel cane o nel gatto può tentare di scoprire qual è l’alimento che causa reazione provando ad eliminare alcuni ingredienti dalla dieta. Con le diete casalinghe le cose sono più semplici perché gli ingredienti sono inseriti direttamente dal proprietario, ma se l’eliminazione deve essere fatta con i croccantini (ad esempio, perché il proprietario non può cucinare) può essere molto difficile riuscire ad eliminare completamente una proteina da un alimento (considerando che la maggior parte degli allergeni sono di natura proteica). Per questo motivo, invece di “ruotare i monoproteici” e andare sostanzialmente a caso, può decidere di utilizzare un alimento con proteine idrolizzate: se i sintomi dell’allergia si risolvono il problema probabilmente era causato da una proteina alimentare, mentre se non si risolvono va cercato altrove (ad esempio, in un allergene ambientale).

L’ho descritta in modo molto semplice, perché in realtà l’animale potrebbe essere allergico anche a componenti proteici o glicoproteici non carnei (ma derivanti, per esempio, anche dai carboidrati, o dai latticini usati come ingredienti), quindi la fase diagnostica è più complessa rispetto alla mia semplicistica descrizione, ma in generale l’utilizzo che dovremmo farne è proprio questo.

Supponendo che l’idrolizzato fermi la reazione arriviamo ad un punto in cui sappiamo che il cane o il gatto ha un’allergia alimentare. E a questo punto?

La diagnosi dovrebbe proseguire abbandonando l’idrolizzato e cercando di capire, provando diversi alimenti, qual è quello che causa le reazioni avverse, cosa che si può fare sia con alimenti industriali monoproteici che, più facilmente, con una dieta casalinga (cotta o cruda).

L’idrolizzato dovrebbe essere utilizzato, in modo esclusivo (cioè senza fornire altri alimenti, che complicherebbero la diagnosi) per un periodo di 4-8 settimane, il tempo necessario a capire se il problema dell’allergia si risolve oppure no. A questo punto abbiamo due possibilità:

  • Abbandonare l’idrolizzato e cercare di capire qual è l’allergene alimentare, per identificarlo ed evitarlo per tutta la vita del cane o del gatto;
  • Proseguire con l’idrolizzato perché il cane (o il gatto) ora sta bene ❤❤❤.

Chiaramente, la seconda soluzione non è la più indicata. Perché il cane o il gatto sta bene adesso, non significa che starà bene anche in futuro. Potrebbe aver bisogno di cambiare alimentazione, ad esempio per un problema di urolitiasi, per una patologia renale o epatica, per un periodo di ripresa (ad esempio, dopo un intervento chirurgico): che alimento viene fornito a quel punto?

Considerando che gli idrolizzati non sono specifici per le patologie menzionate, ci ritroviamo ad una vera e propria “roulette russa”, in cui dobbiamo dare (ad esempio scegliendolo tra gli alimenti Renal nel caso di patologia renale) un alimento più o meno a caso, che potrebbe scatenare nuovamente la reazione allergica la quale si va ad aggiungere alla patologia già presente.

Esattamente come succede nell’uomo, in cui è utile sapere che (per esempio) una persona è allergica ai crostacei e non va a mangiarli, rischiando di finire all’ospedale, negli animali è utile sapere a che cosa sono allergici per poi proseguire nella loro normale vita semplicemente evitando l’alimento che causa la reazione allergica, per sapere come comportarsi nel futuro della vita del cane. Avete mai visto una persona che mangia solo mele per tutta la vita perché è allergica a qualcosa, ma non sa bene a cosa?

Gli alimenti idrolizzati possono essere utili in una prima fase, di diagnosi, ma mantenerli a vita è, a mio avviso, nettamente sconsigliato per i motivi appena menzionati: se state utilizzando un alimento del genere, e lo state usando da diverso tempo, parlatene con il vostro veterinario, oppure parlatene direttamente con me o con un collega che si occupa di nutrizione, per trovare la soluzione migliore, nel lungo periodo, per le necessità del vostro cane o del vostro gatto allergico.

 

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