Nel corso degli anni di divulgazione scientifica in internet, sono stato contattato da tantissimi proprietari interessati a migliorare l’alimentazione del proprio cane o del proprio gatto. I proprietari risultano per me la maggior parte dei contatti, persone spesso molto volenterose e disponibili a cucinare per i propri animali per salvaguardare, e migliorare, la loro salute.

I proprietari però non sono gli unici da cui arrivano le richieste: ci sono infatti vari contatti che vogliono trasformare quella che spesso è una passione, cucinare per il proprio o i propri animali, in un vero e proprio lavoro, in altre parole che vogliono produrre alimenti per animali per venderli a tutte quelle persone che non vogliono, o non possono, provvedere da sole ad un’alimentazione migliore per il proprio cane o il proprio gatto.

Date le diverse richieste, e poiché la mia personale figura (quella di medico veterinario specialista in ispezione degli alimenti) è la più adatta per fornire questo genere di informazioni dal lato tecnico-normativo, ho deciso di scrivere questo articolo per fornire una panoramica a chi avesse interesse ad avviare questo tipo di attività: cosa serve, qual è l’iter burocratico, quali gli obblighi legali, cosa è possibile fare con le diverse possibilità che la legge italiana mette a disposizione di chi vuole iniziare la produzione di alimenti per animali.

Una descrizione spero utile sia per chi vuole iniziare questo tipo di attività, sia per la curiosità dei proprietari che vogliono capire meglio come funziona questo particolare settore: ho deciso di strutturare l’articolo in una serie di domande che il futuro produttore deve porsi, anche solo per capire come orientarsi.

Prima di iniziare, però, una distinzione: questo articolo è utile a chi vuole aprire un’azienda che produca esclusivamente mangimi. Qualora invece aveste già un’azienda alimentare che produce alimenti per persone, e voleste aggiungere alle vostre produzioni anche alcuni alimenti per animali, vi invito a leggere invece questo articolo, sicuramente più appropriato alla vostra situazione.

Quale tipo di attività voglio aprire?

La prima domanda che ci dobbiamo porre è capire qual è il tipo di attività che vogliamo aprire, qual è il target di riferimento e quale vorrà essere la diffusione del nostro prodotto. Vogliamo aprire un piccolo negozio di alimenti per animali per vendere solamente alle persone del quartiere o della città, o siamo grandi visionari interessati a diventare delle multinazionali?

Semplificando molto, la normativa permette di scegliere per la diffusione che vogliamo che i nostri prodotti abbiano tra tre possibilità:

  • Aprire un negozio per animali. Si tratta senz’altro dell’evenienza più semplice: il negozio per animali è quell’attività che vende esclusivamente prodotti già preparati da altri, proprio come per l’alimentazione umana abbiamo i negozi di generi alimentari o i supermercati. Chi ha questo tipo di negozio non agisce in alcun modo sulla composizione degli alimenti ma si limita ad acquistarli e venderli. Da notare che nei negozi per animali, oltre ai classici croccantini e alimenti umidi si possono vendere anche alimenti a temperatura condizionata, cioè gli alimenti freschi o congelati (alimenti “BARF”).
  • Aprire un negozio di produzione di alimenti per animali. E’ la tipologia di azienda in cui ci si “sporcano le mani”, ovvero in cui gli alimenti si preparano: si acquistano le materie prime, si lavorano, si macinano, si cuociono, si mescolano i diversi ingredienti e si produce un proprio prodotto. Prodotti di ogni tipo: si può scegliere di produrre croccantini, alimenti umidi, alimenti essiccati, pasti casalinghi cotti, vendere carne cruda: la tipologia dipenderà dal prodotto che vogliamo fare, dagli spazi che abbiamo a disposizione, dalla logistica di cui abbiamo disponibilità (vogliamo vendere solo direttamente o vendere a distanza?). Il limite per questa tipologia di attività è che la vendita è esclusivamente al dettaglio, direttamente al consumatore finale, mentre se vogliamo vendere ad altri negozi che, a loro volta, rivenderanno i nostri prodotti, dobbiamo necessariamente scegliere la terza via.
  • Aprire un negozio di produzione di alimenti per animali all’ingrosso. La tipologia di attività è simile alla precedente, con la differenza che i volumi produttivi sono più elevati perché si è interessati alla diffusione di un prodotto che sarà a sua volta più ampia, su scala generalmente nazionale ma a volte anche internazionale. Aprire questa attività è leggermente più complesso rispetto alle altre due, come spiego sotto, ma garantisce una possibilità di vendita molto maggiore, nonché una serie di vantaggi minori (la possibilità di produrre direttamente degli additivi, o di raccogliere scarti di lavorazione dalle aziende che producono alimenti per esseri umani e reimpiegarle nei mangimi; sono possibilità che possono essere interessanti per grandi aziende).

Una premessa importante: anche se a qualcuno il nome può non piacere, chi produce alimenti per animali, dalla carne cruda ai pranzetti pronti, passando per il gelato per cani o per gli “integratori” per cani, sta producendo un mangime: con questo termine il Reg. CE 178/02 identifica tutti i prodotti destinati all’alimentazione degli animali (esclusi i farmaci).

Cosa richiede la legge per le tre tipologie di attività?

Le tre attività hanno un diverso grado di complessità e anche, conseguentemente, un diverso grado di rischio per la salute animale: in caso nell’alimento ci fosse qualcosa che non va (che può succedere, perché il “rischio zero” non esiste) si mette a rischio la salute di più animali se si ha un’azienda di produzione all’ingrosso, piuttosto che con un piccolo negozio di rivendita di croccantini. Per questo motivo, la normativa impone requisiti diversi alle tre tipologie di attività.

Requisiti comuni a tutte le tipologie di attività (negozi per animali, negozi di produzione al dettaglio, negozi di produzione all’ingrosso)

I requisiti necessari per tutte le tipologie di attività sono generici, e non legati solamente alla produzione di alimenti per animali. Di seguito vediamo quali sono le principali necessità:

  • Il locale di vendita, che deve naturalmente essere presente e deve rispettare le normative edilizie nazionali e comunali; da mettere in conto che per l’apertura sarà quindi necessario che il fondo scelto sia proprio oppure sarà necessario pagare un affitto; sarà anche necessario rivolgersi ad un geometra per le relative pratiche (anche quelle legate alla normativa sulla sicurezza sul lavoro).
  • La partita IVA, necessaria così come per qualunque altra attività; può essere individuale o societaria, e sarà conseguentemente necessario un commercialista che possa assistere in questo passaggio. E’ necessaria anche l’iscrizione alla camera di commercio.
  • La SCIA, ovvero la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Va inviata esclusivamente al comune in cui l’azienda si trova, e se per i negozi di animali è automaticamente valida dopo 48 ore dall’invio (quindi non ci sono tempi tecnici dall’invio all’effettiva apertura dell’attività), per le altre tipologie di azienda richiede dei passaggi ulteriori.

I negozi per animali hanno bisogno solamente di questo, fatto salve le varie strutture di esposizione e conservazione (scaffalature, magazzino, frigo e congelatori se si vuol vendere prodotti a temperatura condizionata) e, chiaramente, di contattare i fornitori di prodotti già finiti che sono interessati a vendere.

Requisiti per le attività di produzione e vendita al dettaglio

Per questa tipologia di attività, sono necessari dei requisiti ulteriori rispetto a quelli precedentemente elencati, che sono i seguenti:

  • Il locale di produzione deve rispettare le disposizioni del Reg. CE 183/05.E’ quindi prevista una separazione dei locali, la presenza di bagno ed antibagno, di una “zona sporca” (dove avvengono solitamente le lavorazioni) e di una “zona pulita” (dove avviene di solito il confezionamento). Sono necessarie anche suddivisioni specifiche a seconda delle materie prime che abbiamo e degli alimenti che vogliamo produrre. E’ quindi consigliato, oltre al sopralluogo del geometra che verifica il rispetto delle normative edilizie, anche quello del consulente sanitario che verifica il rispetto della normativa mangimistica strutturale ed impiantistica.
  • Un piano di autocontrollo, detto anche Piano HACCP, simile a quello richiesto per le attività di produzione di alimenti umani ma naturalmente diverso, perché qui si producono mangimi (non alimenti). Il piano, un volume della lunghezza che va generalmente da 30 a oltre 200 pagine (per le realtà più complesse), deve essere redatto prima dell’apertura, richiede a sua volta una serie di indicazioni relative ad aziende di supporto esterno (azienda che si occupa della manutenzione e taratura dei dispositivi refrigeranti, azienda di smaltimento degli scarti, azienda che si occupa del controllo degli infestanti). La presenza di questa documentazione è obbligatoria.
  • La registrazione all’Autorità Sanitaria (ASL) competente per territorio, la cui richiesta avviene all’invio della SCIA al comune. Il comune di competenza passa la documentazione ricevuta alla ASL, che ne verifica la correttezza e, nel caso, può respingere la richiesta (in caso di documentazione mancante) o accettarla. Qualora venga accettata, passati i tempi tecnici, l’attività può essere avviata. Non sono quindi previsti sopralluoghi preventivi da parte delle autorità, ma dobbiamo considerare che periodicamente i veterinari ASL verranno ad effettuare visite ispettive nelle aziende, per verificare la correttezza delle lavorazioni e la rispondenza alle normative.

Oltre a queste necessità burocratiche bisogna considerare anche le attrezzature necessarie per l’inizio di questa attività (piani cottura, essiccatori, incapsulatrici, mixer, estrusori, mulini… le attrezzature dipendono dal tipo di produzione che si vuole effettuare), che devono essere regolarmente utilizzabili, come da disposizioni normative, in un’azienda mangimistica.

Requisiti per le attività di produzione e vendita all’ingrosso

Per quest’ultima tipologia di attività, i requisiti di base sono quelli visti nelle prime due categorie, a cui però si aggiunge la necessità di avere:

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  • La richiesta di riconoscimento comunitario, che deve rispettare le disposizioni del Reg. CE 1069/09. Questo non esime comunque dal rispetto delle disposizioni del Reg. 183/05 di cui al paragrafo precedente. La richiesta di riconoscimento viene inviata tramite SCIA e può essere contestuale alla registrazione (di cui sopra) o successiva, qualora si volesse trasformare un’attività produttiva di vendita al dettaglio in un’attività di vendita all’ingrosso. In questo caso si deve inviare la documentazione come avviene per le altre tipologie di attività, ma la conferma non è automatica: richiede invece un sopralluogo da parte dell’autorità competente, che verifica personalmente il rispetto delle normative e, solo qualora queste saranno soddisfatte, verrà concesso il riconoscimento comunitario, ovvero l’inserimento nella Sezione 8 degli stabilimenti riconosciuti dal Ministero della Salute. Il riconoscimento, una sola volta, può essere concesso anche come riconoscimento provvisorio, in cui l’Autorità da generalmente tre mesi di tempo per risolvere eventuali inadeguatezze e concedere, se risolte, successivamente il riconoscimento definitivo. Il riconoscimento è necessario per la vendita all’ingrosso, anche se si vende solamente ad una singola rivendita (!), come chiarisce la Nota del Ministero della Salute. L’atto di riconoscimento viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della regione di appartenenza.

Da notare che il costo del riconoscimento, che varia da regione a regione e deve essere pagato direttamente all’ente per poter richiedere il sopralluogo dell’Autorità, è circa di 500 euro. Da considerare in questo caso, oltre a quanto indicato sopra, anche l’eventuale spesa per i mezzi di trasporto dei propri prodotti e della logistica, nonché la possibilità di aprire dei punti vendita franchising (che saranno normali negozi di articoli per animali). Va considerato inoltre che con questa tipologia di attività è possibile esportare i prodotti sia in Unione Europea, senza vincoli, sia fuori dall’Unione con normative che, però, varieranno a seconda del paese di esportazione.

Che tipo di alimenti voglio produrre?

L’altra grande domanda da porsi prima di poter avviare questo tipo di attività è il seguente: che tipo di alimenti voglio produrre? Un’azienda mangimistica registrata (vendita al dettaglio) o riconosciuta (vendita all’ingrosso) può verosimilmente produrre tantissime tipologie di prodotto; di seguito alcuni esempi:

  • I croccantini;
  • Gli alimenti pressati a freddo o pellet;
  • Alimenti per cani e gatti essiccati;
  • Alimenti per cani e gatti liofilizzati (per quanto i costi siano molto elevati!);
  • Alimenti umidi
  • Alimenti freschi da conservare in frigo
  • Alimenti cotti congelati da conservare in congelatore
  • Alimenti crudi da conservare in frigo o in congelatore, compresi i “prodotti BARF”
  • Appetizzanti per alimenti per animali
  • Snack e masticabili per cani e per gatti
  • “Integratori” (che tuttavia sono legalmente inquadrati come “Alimenti complementari”) in polvere, compresse, capsule, pasta, per cani e gatti
  • Alimenti fitoterapici per cani e gatti (integratori di vari tipi di estratti vegetali), con il limite che non devono rientrare nella normativa dei farmaci ma devono essere piante legalmente utilizzabili negli alimenti per cani e gatti
  • Alimenti terapeutici (Renal, Intestinal, Urinary) sia completi che complementari (ad esempio un “integratore per l’intestino”) per cani e gatti

Le possibilità sono, come possiamo vedere, tantissime e di diversa natura.

I prodotti devono garantire dei requisiti di sicurezza, cioè devono essere sicuri e non danneggiare i cani e i gatti che si nutriranno con questi alimenti, e devono rispettare anche delle normative specifiche relative all’etichettatura e alla presentazione delle informazioni: la formulazione del singolo prodotto avrà quindi un costo sia di preparazione (capire quali ingredienti mettere all’interno, se siano utilizzabili e in che quantità, che analisi sono necessarie per verificarne la presenza, considerare i costi), sia di produzione (costo della materia prima, della confezione, della spedizione).

I costi preparatori sono generalmente limitati per la formulazione di un prodotto semplice (uno snack essiccato) ma possono diventare importanti quando il prodotto diventa più complesso (un alimento completo come i croccantini).

I costi, escludendo quelli relativi ai materiali e alle materie prime, sono legati per lo più a due fattori: le analisi di laboratorio e l’etichettatura.

Le analisi di laboratorio

Le analisi di laboratorio richieste dalla normativa si possono distinguere nelle seguenti categorie (le categorie sono raggruppamenti generici per semplificare):

  • Le analisi relative alla sicurezza, cioè quelle che permettono di capire che un alimento non danneggia gli animali che consumeranno il prodotto; sono sempre obbligatorie e il loro numero varia in base al quantitativo (in peso o in unità) di produzione di tutti i prodotti;
  • Le analisi relative all’etichettatura, cioè le analisi la cui risposta darà le informazioni da inserire in etichetta: tra queste le informazioni nutrizionali (proteine grezze, grassi grezzi, fibra grezza, veneri grezze, umidità) sono obbligatorie e devono essere effettuate per ogni singola tipologia di prodotto (ad esempio, “snack essiccato di manzo” e “snack essiccato di maiale” richiederanno due analisi diverse). Altre analisi sono invece facoltative, ad esempio per inserire particolari claim in etichetta (ad esempio, il claim “senza conservanti” richiede di effettuare alcune analisi per garantire l’effettiva presenza dei conservanti negli alimenti).
  • Le analisi relative alla completezza nutrizionale, che servono solamente negli alimenti completi: poiché un alimento completo deve garantire il bilanciamento, cioè il rispetto di precise quantità di nutrienti (vitamine, minerali, taurina) l’azienda deve dimostrare che l’alimento sia effettivamente completo, e per questo, a seconda del processo produttivo (in particolare se richiede cottura dopo l’inserimento dei nutrienti aggiunti) deve essere confermato con le analisi di laboratorio. Il rischio a non averle è che alle controanalisi effettuate dall’Autorità l’alimento potrebbe non risultare completo, pertanto la dichiarazione in etichetta sarebbe ingannevole e l’azienda sanzionata.
  • Le analisi relative all’igiene di processo, che sono facoltative (a differenza della normativa degli alimenti per le persone) e possono essere effettuate per valutare in modo più specifico l’igiene dei prodotti, degli ambienti e dell’acqua utilizzata per la lavorazione.

L’etichettatura

La composizione dell’etichetta è la produzione della stessa in modo che rispetti le disposizioni del Reg. CE 767/09. L’etichetta è importante perché è la sezione a più alto rischio di sanzioni, in caso di errori: ciascun elemento che la compone deve rispettare disposizioni specifiche e una diffusione dell’alimento potenzialmente molto ampia (un alimento prodotto a Milano può verosimilmente essere poi venduto a Palermo) lascia molto spazio a sanzioni che potrebbero arrivare, anche come conseguenza delle segnalazioni da parte dei proprietari, da qualunque ente italiano od europeo (se si esportano i prodotti).

Per questo motivo, la composizione dell’etichetta deve essere particolarmente attenta, non devono mancare parti richieste dalla normativa (un esempio di informazione che succede di dimenticare, ma è obbligatoria, è un numero di telefono aziendale che deve essere obbligatoriamente indicato in etichetta).

L’etichetta può essere più o meno complessa a seconda dell’alimento che si vuole produrre, ma il consulente sanitario che si occupa della stesura garantirà la presenza di:

  • Tutte le informazioni richieste dalla normativa vigente (denominazione legale, lista degli ingredienti, istruzioni per l’uso, nome e ragione sociale, ecc.);
  • Per la lista degli ingredienti, la verifica che le materie prime che si vogliono utilizzare siano legalmente utilizzabili in Unione Europea;
  • Per la lista degli additivi (se presenti), la verifica che questi siano legalmente utilizzabili, rientrino nella categoria corretta degli additivi di riferimento, che i limiti legali siano rispettati e, se è il caso, l’applicazione dei coefficenti di correzione per gli additivi nutrizionali;
  • Per la tabella nutrizionale, la verifica delle analisi di laboratorio di cui sopra e l’eventuale trascrizione con la corretta denominazione;
  • Per i claim (cioè le dichiarazioni pubblicitarie), che siano legalmente utilizzabili. In questo punto la normativa impedisce di utilizzare molte parole comuni, quindi è particolarmente facile commettere degli errori (con sanzioni molto importanti, personalmente conosco un’azienda fallita a causa di una sanzione a quattro zeri proprio a causa di questa parte!).

Per quanto, quindi, le parti descritte siano tutte importanti per l’avvio di un’attività produttiva, ritengo (soprattutto per esperienza personale) che quelle relative all’etichettatura richiedano un’attenzione particolare.

Chi è il consulente sanitario? E’ necessario per avviare un’attività di produzione?

Come abbiamo visto nell’articolo, per poter aprire questa tipologia di attività sono necessarie le prestazioni professionali di almeno tre tipi di professionisti: il geometra per le pratiche edilizie, il commercialista per la parte fiscale e un consulente sanitario per la parte normativa/burocratica relativa ai mangimi e alla produzione.

Certo, quest’ultima figura non è obbligatoria né richiesta dalla legge, ma diventa di fatto necessaria per la stesura di un piano di autocontrollo, per la formulazione dei prodotti, per la composizione delle etichette: come è possibile verificare relativamente dal Decreto Legislativo 142/09, relativo alle sanzioni per le non conformità delle aziende produttive di mangimi, e dal Decreto Legislativo 26/2017 relativo alle sanzioni per le inadeguatezze di etichettatura, le sanzioni sono molto pesanti per eventuali errori da tutti i punti di vista ed è utile, per tutelarsi, non commettere errori in questo senso ed avere un supporto che permetta di rispondere in modo puntuale alle richieste delle Autorità Competenti (principalmente ASL e NAS).

Un consulente non è invece generalmente necessario per i negozi di animali, poiché queste attività non svolgono né produzione, né etichettatura degli alimenti.

Da notare anche che la figura ricercata deve essere esperta di normativa mangimistica: le normative sono completamente separate dalla normativa alimentare (alimenti destinati al consumo umano), per questo anche un ottimo consulente specifico per le aziende umane potrebbe non conoscere la normativa mangimistica. La figura migliore è senza dubbio quella di un Medico Veterinario Specialista in Ispezione degli Alimenti, però effettivamente poche figure come questa si occupano di consulenza facendo la libera professione; per questo esistono anche altri professionisti che offrono servizi di consulenza, ma la costante deve rimanere la conoscenza attenta della normativa mangimistica.

Personalmente mi occupo di consulenza sanitaria per varie aziende mangimistiche: potete contattarmi all’indirizzo mail valerioguiggi@gmail.com per avere maggiori informazioni, parlarmi del vostro progetto ed avere un preventivo delle spese di consulenza, variabile in base alla tipologia di attività. Offro supporto, anche con ispezioni in loco, in tutta Italia (posso spostarmi in tutte le direzioni abitando e lavorando di base in Toscana).

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