Uno degli argomenti relativi all’alimentazione del cane e del gatto per cui i proprietari hanno maggior interesse, anche “trascinati” dall’interesse per la questione in medicina umana, sono gli Omega 3. Si tratta di acidi grassi, in generale, utili per la salute del cane e del gatto, per diversi aspetti, in particolare legati alle patologie.

Ed è proprio per questo che sono conosciuti: la loro utilità nelle dermatiti, malattie renali, malattie articolari, infiammazioni croniche intestinali li rende ricercati e importanti sia in associazione alle terapie farmacologiche che nelle situazioni in cui i farmaci non vengono utilizzati.

In questa pagina, tuttavia, cercheremo di comprendere meglio qual è il loro ruolo nell’organismo del cane e del gatto, ponendo l’attenzione sugli animali sani, senza considerare le variazioni indotte dalle diverse patologie.

Tra le domande più comuni che mi vengono rivolte dai proprietari ci sono richieste come: E’ importante integrare gli Omega 3 nella dieta? Qual è il quantitativo corretto per il mio cane o il mio gatto? E se non li aggiungo, che cosa succede? Qual è il rapporto con gli Omega 6, ed è vero che gli Omega 3 sono buoni e gli omega 6 dannosi?

In questo articolo cercherò di rispondere a queste domande. Se preferite guardare al leggere, ho anche realizzato un video sull’argomento.

Acidi grassi Omega-3 ed Omega-6: cosa sono

Per prima cosa, bisogna capire velocemente di che cosa stiamo parlando. Gli acidi grassi Omega 3 sono una categoria di acidi grassi (a loro volta, molecole appartenenti al più ampio gruppo dei grassi o lipidi). Sono dei grassi insaturi, cioè acidi grassi che hanno almeno un “doppio legame” tra i loro atomi di carbonio (se non ne hanno, si parla di grassi saturi).

La differenza tra un acido grasso saturo e un insaturo, che comprende anche gli Omega 3.

Gli gli acidi grassi sono lunghe catene di atomi di carbonio, e il nome della categoria dipende dal punto in cui si trova il doppio legame. Nella catena, il primo atomo di carbonio si chiama alfa, l’ultimo si chiama omega.

Contando dalla fine, cioè dal carbonio Omega, si cerca il primo doppio legame: se corrisponde al terzo carbonio (quindi se lega il terzo e il quarto tra loro) si parla di Omega 3. Se il primo legame corrisponde al sesto carbonio, abbiamo un Omega 6. E poi possiamo avere un Omega 7, un Omega 9 e così via, a seconda della posizione del primo legame doppio contando dal fondo.

La struttura di un acido grasso con il carbionio alfa e il carbonio omega, che ci consente di stabilire la posizione del doppio legame (indicato con le due lineette = ).

Prima di proseguire, una precisazione su un’incomprensione comune: gli acidi grassi polinsaturi, tra cui Omega 3 ed Omega 6, non sono i soli grassi esistenti. Esistono infatti anche grassi insaturi che non appartengono a queste due categorie (Omega-7, Omega-9), e poi ci sono i grassi saturi, che non avendo doppi legami non rientrano nella nomenclatura “Omega”, ma sono quelli che vengono assunti maggiormente dall’animale nell’alimentazione, con il grasso presente nelle carni.

Omega 3 e Omega 6: perché sono importanti nell’alimentazione?

La particolarità di alcuni acidi grassi Omega 3 ed Omega 6 sta nel fatto che gli animali, compresi cani e gatti, non riescono a produrli ma sono in grado solamente di trasformarli; questo significa che devono necessariamente assumerli con l’alimentazione. Per questo motivo si parla di acidi grassi essenziali.

Anche a questo livello, ci sono delle incomprensioni comuni da parte dei proprietari, che è opportuno chiarire:

  • La prima è che Omega 3 ed Omega 6 sono essenziali entrambi. Spesso, parlando con le persone, mi rendo conto che si tende a pensare che gli Omega 3 facciano bene, mentre gli Omega 6 siano dannosi. Non è così: entrambi questi grassi sono essenziali per l’organismo del cane e del gatto, in quanto precursori di strutture fondamentali. Il problema, nel caso, è il rapporto tra loro, ma una dieta senza Omega 6 sarebbe carente come una dieta senza Omega 3.
  • La seconda precisazione è che non tutti gli Omega 3 sono essenziali, né tutti gli Omega 6 sono essenziali. Gli acidi grassi essenziali, infatti, sono solamente tre: l’Acido Linoleico, o AL, che è un Omega 6, e l’Acido alfa-linolenico, o ALA, che è un Omega 3. Nel gatto, al posto dell’Acido Linoleico risulta essere essenziale l’Acido Arachidonico, o AA, che è un altro Omega 6. Solo loro, non gli EPA e i DHA, più famosi ma che vengono invece definiti “essenziali condizionali” come vedremo tra poco. Questo significa che gli Omega 3, che sono tanti e diversi, non si possono scambiare liberamente tra di loro.

Per quanto riguarda il gatto, i ricercatori ritengono insufficiente la conversione di Acido Linoleico in Acido Arachidonico, il che rende l’Acido Arachidonico essenziale nella sua alimentazione (Hand M. et al., Small Animal Clinical Nutrition, 5th ed., Mark Morris Institute, 2010, pag. 101), a differenza del cane che può sintetizzarlo a partire dall’Acido Linoleico .

Perché gli omega-6 sono essenziali?

Gli acidi grassi omega-6 sono essenziali perché sono i precursori dei cheratinociti, che si trovano nella pelle ed hanno una funzione protettiva per l’organismo, e anche per la struttura delle membrane cellulari stesse, perché sono precursori dei fosfolipidi che compongono le membrane cellulari. Inoltre, dall’Acido Arachidonico, che deriva dall’Acido Linoleico, si producono gli eicosanoidi (tra cui le prostaglandine, le prostacicline i trombossani e i leucotrieni). Si tratta di molecole importanti per l’infiammazione, e voglio ricordare che l’infiammazione, quando non è eccessiva o inutile, è un processo difensivo per l’organismo, è positivo: se un cane si taglia, è importante che si crei un’infiammazione intorno alla ferita, che faccia arrivare più sangue e sostanze nutritive per contrastare gli agenti infettanti che arrivano dall’esterno e per rigenerare, al contempo, la ferita. L’infiammazione viene contrastata (con gli antinfiammatori) solamente quando ritenuta inutile (Case L., Canine and Feline Nutrition, 3° ed, 2010, pag. 83).

Dall’acido arachidonico (o dall’acido linoleico, nel cane) derivano i precursori dell’infiammazione. Questi grassi sono il motivo per cui una ferita si infiamma e diventa dolorante, per permettere all’organismo la riparazione.

La catena di produzione degli eicosanoidi pro-infiammatori, a partire dagli Omega-6.

Perché gli omega-3 sono essenziali?

Per quanto riguarda gli Omega-3, invece, l’Acido alfa-Linolenico sembra essere utile soprattutto perché, una volta convertito, è in grado di produrre anch’esso eicosanoidi, mediatori dell’infiammazione.

Mediatori che hanno però l’effetto opposto a quelli prodotti dall’Acido Linoleico, ovvero hanno la capacità di diminuire le infiammazioni.

La catena di produzione degli eicosanoidi anti-infiammatori, a partire dagli Omega-3.

Anche l’Acido alfa-Linolenico contribuisce alla salute della pelle, dell’apparato riproduttore e, tramite i suoi derivati, allo sviluppo e al mantenimento del sistema nervoso.

Quanti Omega 6 e Omega 3 servono al cane e al gatto?

I fabbisogni, stando alle conoscenze scientifiche attuali, non sono ben definiti, ma sono solamente stimati, sia nel cane che nel gatto. Si stima (Case L., Canine and Feline Nutrition, 3° ed, 2010, pag. 84) che l’Acido Linoleico (o l’Acido Arachidonico, nel gatto), quindi l’acido grasso essenziale Omega-6, debba costituire almeno l’1% della dieta, mentre l’Acido alfa-Linoleico, l’Omega 3, ne costituisca almeno un venticinquesimo, lo 0,04%. In realtà, negli ultimi anni i ricercatori ritengono che il rapporto ottimale (non quello minimo) tra le due famiglie sia molto più a favore dell’Acido alfa-Linolenico, che dovrebbe essere lo 0,2% sul totale della dieta, circa un quinto rispetto all’Acido Linoleico (nel cane) o all’Aacido Arachidonico (nel gatto).

Quando si parla di Omega-3 ed Omega-6, infatti, è importante considerare il rapporto tra loro, parlando non tanto di quantità singole (magari espresse in grammi), ma di rapporto tra Omega 3 e Omega 6. Perché si fa questo?

Per due motivi, principalmente.

  • Il primo motivo è che le loro funzioni sono più o meno opposte, e se non si rispetta un certo rapporto gli effetti degli eicosanoidi derivati dagli Omega 6 diventano sbilanciati rispetto a quelli derivati dagli Omega 3 (ad esempio, favorire molto l’infiammazione rispetto all’effetto antinfiammatorio).
  • Il secondo motivo è l’attività di uno specifico enzima, per cui entrambe le famiglie competono.

L’enzima si chiama Delta-6-Desaturasi, ed è il primo di una catena che trasforma gli Omega 3 e gli Omega 6 nei rispettivi successori.

In pratica, è come un operaio che, in una fabbrica, deve gestire non una, ma due linee produttive: se il lavoro da fare è tanto, la conversione diventa poco efficiente. Inoltre, tanti più Omega-6 ci sono rispetto agli Omega-3, tanto più verranno “lavorati” gli Omega 6 e non gli Omega 3, così che anche i loro derivati saranno sbilanciati. L’aumento o la diminuzione di una delle due famiglie deve quindi sempre considerare gli aumenti o le diminuzioni dell’altra.

L’enzima Delta-6 Desaturasi deve occuparsi della trasformazione sia degli Omega-3 che degli Omega-6. Poiché è da solo, la conversione sarà limitata, e se gli Omega-6 sono molto più degli Omega-3 convertirà tanti dei primi e pochi dei secondi.

Generalmente, i nostri animali non hanno carenze di Omega-6, perché questi sono abbondanti negli alimenti che mangiano.

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Il motivo è da ricercare nell’allevamento degli animali di cui si nutrono: il mais è un’ottima fonte di omega-6, e poiché la maggior parte degli animali (polli, suini, bovini con l’insilato) sono nutriti per lo più con alimenti a base di mais avranno molti più Omega 6 che non Omega 3 nella loro carne. Quando gli animali sono allevati allo stato brado, invece, generalmente hanno più Omega 3 perché li possono prendere da alcune piante (tra cui il lino, ma anche i frutti secchi indeiscenti (la “frutta secca”), e alcune graminacee) che trovano in natura. E’ per questo che nella maggior parte dei casi si cerca di aumentare la dose degli Omega 3 lasciando invariata quella degli Omega 6, facendo naturalmente attenzione a non “ribaltare” il rapporto.

Si, perché l’eccesso di Omega-3 può avere degli effetti collaterali anche importanti, come ci ricorda questa fonte scientifica.

Il mais è uno degli alimenti più importanti in nutrizione degli animali da reddito. Contiene principalmente Omega-6, e se il pollo o il suino ne mangia tanti il suo grasso ne sarà ricco; di conseguenza il cane e il gatto, che mangiano animali nutriti con mais, si troveranno un’abbondanza di Omega-6 rispetto agli Omega-3 nella dieta. Ma gli Omega-3 non si possono aggiungere a caso, perché se si esagera c’è il rischio di incorrere in patologie.

La soluzione per ovviare al problema sembra semplice: aggiungiamo Omega-3!

In realtà non è proprio così. Si, perché aggiungere un Omega 3 o un altro alla dieta non è la stessa cosa: l’attività dell’enzima Delta-6-Desaturasi non è mai ottimale, e questo fa sì che aggiungere alla dieta Omega-3 sotto forma di Acido alfa-linolenico per migliorare il rapporto in realtà si “scontra” con la scarsa attività dell’enzima. Se l’enzima non lavora gli acidi grassi essenziali e non li trasforma questi non hanno alcun effetto nell’organismo del cane e del gatto se non quello di essere immagazzinati sotto forma di grasso.

In altre parole, è inutile fornire al cane grandi quantità di olio di lino, che contiene l’acido alfa-linoleico, quando la sua capacità di conversione è comunque limitata; infatti, benché le percentuali di conversione siano basse (meno del 10% di ALA ingerito viene lavorato), se superiamo una certa soglia di somministrazione si raggiunge la capacità massima di lavoro dell’enzima e i derivati comunque non aumentano.

Un esempio di Omega-3 non particolarmente utili nella dieta del cane e del gatto è l’olio di lino. Contiene Omega-3 sotto forma di Acido alfa-Linolenico, ma aggiungerne tanto significa superare la possibilità dell’enzima di lavorarlo (e se non lo lavora, non avrà la sua funzione nell’organismo). Quando l’Acido alfa-Linolenico non viene lavorato viene immagazzinato come grasso, quindi fa ingrassare senza però apportare alcun beneficio effettivo al cane e al gatto (se non il far prendere peso!).

Per ovviare al problema, è necessario aggiungere gli Omega 3 già lavorati, tra cui i più importanti sono gli EPA e i DHA.

Gli Omega-3 EPA e DHA

L‘acido eicosapentaenoico, o EPA, e l’acido docosaesaeonico, o DHA, sono gli acidi grassi più importanti (ma non sono i soli) tra quelli derivati dall’Acido Alfa-Linoleico.

Non sono essenziali perché cani e gatti li possono produrre anche da soli; tuttavia si ritengono “Essenziali Condizionali” perché (Case L., Canine and Feline Nutrition, 3° ed, 2010, pag. 83) in alcune fasi della vita, cioè la prima crescita, la gravidanza e la lattazione, l’organismo non è in grado di produrne abbastanza da soddisfare i fabbisogni. Solo in queste fasi, quindi, diventano essenziali.

Per il resto delle fasi della vita, ci sono dei dosaggi raccomandati che si consiglia di raggiungere nelle diete, per evitare lo squilibrio con gli Omega 6, soprattutto. Anche in questo caso si parla sempre di stime, per cui considerando la non essenzialità e il fatto che non ci sono dosaggi precisi non abbiamo nemmeno evidenze di patologie quando questi dosaggi minimi non vengono raggiunti.

Come raggiungere un rapporto Omega-3 / Omega-6 ottimale?

Cercare di raggiungere un rapporto ottimale secondo le conoscenze scientifiche attuali, naturalmente, è in generale una cosa positiva, avremo formulato l’alimentazione migliore possibile, però in alcune situazioni vale la pena di porci delle domande: è opportuno, per esempio, cercare di somministrare ad un gatto un integratore di Omega-3 quando non lo vuole, forzandolo a mangiarlo e attivando i meccanismi di stress? Raggiungeremo la dose nutrizionale raccomandata, certo, ma probabilmente causeremmo altre patologie dovute allo stress che sono peggiori rispetto a quelle che sarebbero causate da una carenza di EPA e DHA.

Se l’animale non ha problemi e vogliamo raggiungere le dosi raccomandate, inoltre, bisogna considerare anche da dove si reperiscono gli EPA e i DHA: gli alimenti “comuni”, a parte il pesce, non ne contengono molti, e per questo tanti proprietari si affidano alle “perle”, che hanno EPA e DHA più concentrati, oppure all’olio di pesce (di solito olio di salmone). A questo proposito bisogna ricordare chele “perle” non sono tutte uguali, perché è sempre necessario valutare la concentrazione di EPA e DHA in esse contenuta; se è troppo bassa, o se diamo troppe poche perle (c’è chi le fornisce una volta ogni X giorni) non raggiungeremo la dose raccomandata comunque.

Inoltre, se il cane e il gatto hanno delle patologie la dose necessaria perché gli Omega-3 siano effettivamente utili nel contrasto della specifica patologia cambia in base alla patologia e alle alterazioni metaboliche che questa provoca, per cui c’è necessità di un medico veterinario per calcolare la dose corretta ed efficace, altrimenti rischieremo di fornire una dose insufficiente di EPA per le necessità dell’animale: vedo spessissimo cani malati di 30 chili che assumono una dose di EPA e DHA forse sufficiente per un gatto (forse).

Fornire troppi pochi EPA o DHA è come non fornirli a fatto, e il dosaggio deve essere calcolato sulla base delle conoscenze scientifiche attuali e adattato alla situazione del singolo animale.

Le “perle” sono tra i prodotti più concentrati in EPA e DHA, ma non sono tutte uguali! Vanno scelte con attenzione e, soprattutto, in base alla situazione specifica del cane e del gatto.

Se fornisco il pesce posso evitare di fornire le integrazioni, se voglio raggiungere le dosi raccomandate di EPA e DHA?

La risposta a questa domanda non è semplice da fornire, e dipende da due fattori:

  • Qual è il fabbisogno in omega-3 dell’animale;
  • Quanti sono gli omega-3 nel pesce, perché tra i diversi pesci c’è una bella differenza.

Parlando dell’animale, con i pesci giusti si può riuscire, senza problemi particolari, a raggiungere la dose raccomandata sia nel cane che nel gatto, purché l’animale sia sano, perché se è malato la richiesta può diventare così alta che è impossibile raggiungerla solo con il pesce, e allora c’è necessità delle integrazioni.

Tornando però al sano, come regola generale i pesci più grassi (dove con pesce grasso si intende il pesce che ha almeno l’8% di contenuto in grassi, Cabras P., Martelli A., Chimica degli Alimenti, p. 383-384) hanno un buon contenuto in EPA e DHA rispetto ai pesci magri come il Merluzzo (che avendo poco grasso contiene, di conseguenza, pochi Omega 3). La cottura, se c’è, deve essere se possibile veloce, perché causa l’ossidazione degli Omega 3 e ne riduce la quantità. Molto influisce anche il fatto che il pesce sia allevato o pescato, e il metodo di allevamento e di alimentazione.

Il filetto di merluzzo è un tipico alimento che contiene pochi EPA e DHA.

Tuttavia, con i pesci giusti si può riuscire a raggiungere la dose di EPA e DHA raccomandata senza ricorrere alle integrazioni.

Calcolando, ad esempio, la dose raccomandata in base a questo studio scientifico si scopre che per un cane di 10 Kg si raccomandano 170 mg di EPA e DHA al giorno.

100 grammi di sarde, secondo le tabelle nutrizionali, ne contengono 500 milligrammi, per cui la dose minima raccomandata su base settimanale (1200 mg di EPA+DHA, all’incirca) si raggiunge con 240 grammi di sarde a settimana. Non sono tantissime, per un cane di 10 chili, che scegliendo il pesce giusto può raggiungere la dose di Omega-3 raccomandata senza ricorrere ad alcun tipo di integrazione.

Questo conteggio è solo un esempio e, chiaramente, quello corretto per voi deve essere eseguito da un medico veterinario, considerando tutti gli altri fattori. L’esempio mostra però che raggiungere la dose raccomandata di EPA e DHA nel cane e nel gatto è possibile anche senza alcuna integrazione.

E’ troppo difficile: non ci ho capito nulla!

Da Medico Veterinario, lo capisco benissimo.

L’argomento Omega-3 e Omega-6 non è affatto semplice da affrontare, anche solo per comprendere meglio la situazione dal punto di vista scientifico. Le semplificazioni non aiutano, perché spesso si riducono a conclusioni del tipo Fornisci Omega-3 al tuo cane per farlo stare bene!”, che è una frase sbagliata sia perché non si valuta la qualità degli Omega-3, sia perché non si considera il rapporto con gli Omega-6, sia perché le integrazioni alimentari vanno fornite prendendo in considerazione un’alto numero di fattori.

In questo articolo ho provato a spiegare la questione in modo più semplice possibile ma evitando inutili semplificazioni, sperando di essere riuscito almeno a dare un'”indicazione di massima” sull’argomento.

Se avete domande o siete interessati a saperne di più potete chiedere nei commenti, e cercherò di rispondere nel modo migliore possibile. Se, invece, siete interessati a saperne di più sulla situazione specifica del vostro cane o del vostro gatto, potete contattarmi per una consulenza nutrizionale online o per una visita veterinaria nelle strutture di riferimento.

 

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