Nell’articolo di oggi andiamo ad approfondire un argomento molto interessante relativo agli alimenti per cani e gatti: parliamo infatti degli additivi, sostanze che spesso sono considerate come molto dannose e da evitare, presenti per lo più negli alimenti industriali per cani e gatti.

In passato ci sono stati dei veri e propri scandali relativi agli additivi, una categoria di sostanze che purtroppo è molto complessa da valutare: cerchiamo quindi di capire, avvalendoci delle fonti normative e scientifiche, qualcosa in più riguardo a questi prodotti e, nel caso, cerchiamo di capire a che cosa fare attenzione e su quali aspetti, invece, possiamo stare tranquilli.

Perché ricordo che, se alcuni additivi sono criticialtri sono del tutto innocui: tra le sostanze che legalmente sono definite additivi (che ricordo essere una definizione di tipo normativo) ce ne sono alcuni potenzialmente dannosi, ma troviamo anche le vitamine, la taurina, alcuni sali minerali e addirittura probiotici, che non solo sono innocui ma, anzi, benefici e, in alcuni casi, essenziali per il cane e per il gatto.

Non bisogna quindi avere paura degli additivi in generale come se fossero un’unica grande categoria: bisogna conoscerli. E in questo articolo capiremo quanto può essere complesso conoscerli davvero.

Cosa sono gli additivi

Gli additivi sono definiti, per quanto riguarda i mangimi, dal Reg. CE 1831/2003. Da notare che la definizione per gli additivi utilizzabili negli alimenti umani è completamente diversa e fa riferimento al Reg. CE 1333/2008. In questo articolo parleremo solamente degli additivi per mangimi (cioè che si trovano nei croccantini, negli alimenti umidi, nei prodotti pronti a crudo, negli integratori per animali inquadrati come “alimenti complementari”) ma non degli additivi per gli alimenti umani. Infatti ci sono sostanze che sono additivi negli alimenti per animali ma non negli alimenti umani, e sostanze che sono additivi negli alimenti umani ma non negli alimenti per animali. E’ una differenza puramente normativa ma molto, molto importante.

Nei mangimi (Reg. CE 1831/2003) per additivo si intendono, come da definizione dell’art. 2, punto 2, lett. a:

Sostanze, microrganismi o preparati, diversi dai mangimi e dalle premiscele che sono intenzionalmente aggiunti agli alimenti per animali o all’acqua al fine di svolgere, in particolare, una o più tra le funzioni di cui all’articolo 5, paragrafo 3.

Delle diverse funzioni definite dall’articolo, quelle che riguardano cani e gatti sono:

  • Influenza favorevolmente le caratteristiche dei mangimi (lett. a);
  • Soddisfa le esigenze nutrizionali degli animali (lett. d);
  • Influenza favorevolmente la produzione, le prestazioni o il benessere degli animali influendo, in particolare, sulla flora gastrointestinale o sulla digeribilità degli alimenti per animali (lettera f).

Per il secondo e il terzo punto gli additivi possono essere positivi per la salute degli animali, tanto che spesso si trovano nei “mangimi complementari” comunemente definiti “integratori” per animali domestici (ad esempio, un integratore vitaminico), e della terza categoria fanno parte anche i probiotici autorizzati per l’uso in medicina veterinaria (considerati legalmente additivi).

Il primo punto è invece quello più controverso: infatti, i benefici dell’utilizzo dell’additivo li ha solamente l’alimento in sé, ma non l’animale. Come esempio, un additivo può aumentare la conservabilità di un alimento, che è utile per il produttore e al massimo per il proprietario, ma non per la salute degli animali.

Secondo l’allegato 1 del Reg. CE 1831/2003, gli additivi si possono distinguere in quattro grandi categorie:

  • Gli additivi tecnologici, ovvero quelli che servono a migliorare le caratteristiche degli alimenti, e comprendono i conservanti;
  • Gli additivi organolettici, che migliorano gli aspetti sensoriali del prodotto e comprendono coloranti aromatizzanti;
  • Gli additivi nutrizionali, che forniscono sostanze nutritive altrimenti non presenti nell’alimento; ne fanno parte le vitamine e diversi minerali (oligoelementi);
  • Gli additivi zootecnici, che agiscono principalmente sulla digestione e sul benessere intestinale; ne fanno parte i probiotici.

Alcuni additivi, in questo senso, sono positivi e spesso indispensabili per formare, per esempio, un alimento completo; prendiamo il caso delle vitamine, che per la maggior parte vengono perse nel processo di cottura dei croccantini, per effetto del calore, e devono quindi essere integrate successivamente (altrimenti l’alimento non potrebbe essere completo).

Altri additivi sono completamente inutili da tutti i punti di vista, come ad esempio i coloranti: visto che i gatti e i cani non vedono i colori come noi, la loro presenza è più un attrattivo per il proprietario che non per l’animale; possono essere neutrali, cioè non avere nessun effetto avverso, oppure potenzialmente dannosi.

Altri additivi, infine, sono utili solo dal punto di vista tecnologico, mentre per la salute del cane e del gatto possono essere anche in questo caso neutrali oppure dannosi; ne sono un esempio i conservanti.

Come si fa a sapere quali additivi sono potenzialmente dannosi e quali no?

Lo dico subito: capire quali additivi sono potenzialmente dannosi non è semplice, non è affatto semplice.

Questo perché non esiste una “formula magica” che permetta di identificare a grandi linee un additivo. Due molecole molto simili tra loro possono essere una molto pericolosa, una innocua, per cui bisogna valutare caso per caso.

Per saperne di più si può consultare questo documento dell’Unione Europea, l’elenco degli additivi zootecnici autorizzati con relativo atto di autorizzazione dell’Unione (nella colonna a destra), e leggere uno per uno le informazioni relative a quell’additivo, tra cui la presenza di una dose massima, presente per alcuni additivi (come il BHA), assente per altri (come la Taurina). Se la dose massima ammessa non è presente, presumibilmente non abbiamo alcuna indicazione di tossicità, nemmeno ad alte dosi, mentre per altri additivi c’è un potenziale pericolo una volta superata una dose particolare. Per conoscere i potenziali pericoli, tuttavia, la normativa non ci aiuta: per essere correttamente informati c’è bisogno di fonti scientifiche che abbiano provato (o escluso) rischi per la salute degli animali relativamente ad uno specifico additivo. Un esempio di additivo essenziale a basse dosi ma pericoloso ad alte dosi è la vitamina A, di cui ho parlato in questo video.

Capire se un additivo è dannoso o meno richiede tempo e pazienza: pensare che “tutti gli additivi siano uguali” e, soprattutto, che sono tutti dannosi, è un’idea sbagliata. Alcuni sono rischiosi, come vedremo nei prossimi paragrafi, ma altri sono utili: per gli alimenti industriali alcuni additivi (come le vitamine) sono indispensabili e sarebbe la loro assenza ad essere rischiosa, predisponendo l’animale a carenze alimentari.

E’ possibile controllare gli additivi dall’etichetta degli alimenti e degli integratori?

Gli additivi utilizzati in un alimento sono per lo più indicati direttamente nell’etichetta dello stesso, dopo la lista degli ingredienti, anche se non per tutti gli additivi è così, in particolare in due casi specifici.

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  • Per alcuni gruppi di additivi, l’indicazione non è obbligatoria: secondo il Reg. CE 767/09, allegato 7, infatti, ci sono tre gruppi di additivi che non devono essere indicati con il nome preciso, ma solo con la loro categoria: sono i conservanti, gli antiossidanti e i coloranti. Questi sono due additivi di tipo tecnologico e uno di tipo organolettico, e possiamo sapere solo che ci sono, ma non quali sono precisamente.
  • Inoltre, per gli additivi di cui non c’è una pericolosità nota, per cui l’Unione Europea non ha fissato limiti massimi per l’utilizzo nell’alimento (come la Taurina), l’indicazione si può legalmente omettere. E’ il motivo per cui diversi alimenti, pubblicizzati come completi, non mostrano l’integrazione di Taurina (anche se questa può essere stata comunque aggiunta, ma non è obbligatorio indicarlo, come stabilito dall’Art. 16, punto b, del Reg. CE 767/09); questo è, per esempio, il documento riguardante la Taurina che mostra l’assenza di un limite legale massimo).

Purtroppo, gli additivi contenuti in queste due categorie sono molti e molto vari, alcuni del tutto innocui, altri per cui invece ci sono sospetti di tossicità o reazioni avverse al cibo, nel breve o nel lungo periodo.

Quali problemi possono causare gli additivi?

Gli additivi non si possono classificare in un solo gruppo, perché hanno una struttura chimica e un comportamento biologico completamente diverso gli uni dagli altri.

Possiamo distinguere in senso molto generale l’azione dannosa causata da alcuni additivi in due grandi gruppi:

  • Le reazioni a breve termine come le reazioni avverse al cibo, che sono soprattutto intolleranze (sono pochissimi i casi di allergia dovuti agli additivi, rif. video, min. 9:20), perché alcuni additivi, in alcuni soggetti, possono causare questi problemi;
  • Le reazioni a lungo termine come la  tossicità cronica, ovvero additivi che hanno un effetto tossico sull’organismo del cane e del gatto dopo un lungo periodo di ingestione. Dal punto di vista della classificazione la tossicità è una reazione avversa al cibo anch’essa, ma per semplicità distinguo in conseguenze a breve termine e conseguenze a lungo termine.

Purtroppo, al momento non è possibile sapere quali additivi causano problemi, e soprattutto a che dose li causano: questo non è un problema tanto normativo (anche se la normativa “ci mette del suo”, non obbligando i produttori a dichiarare gli additivi e limitando la possibilità di scelta dei consumatori), quanto soprattutto scientifico: per la tossicità degli additivi c’è già poca letteratura scientifica in medicina umana, mentre in medicina veterinaria questa è quasi inesistente.

In Unione Europea esiste una regola generale per cui, se non si è sicuri della tossicità di un prodotto, questo non può essere utilizzato, ma il problema è: quando si è sicuri e quando no? Questi dati dovrebbe fornirli proprio la letteratura scientifica, che spesso è carente per mancanza di studi specifici sui singoli additivi.

Prendiamo il caso dei due conservanti più “famosi” come esempio di additivi potenzialmente pericolosi; il butilidrossianisolo e il butilidrossitoluolo, BHT e BHA (questo è il documento che ne approva l’utilizzo entro precisi limiti massimi, quindi dovrebbero essere ben indicati in etichetta, ma poiché sono antiossidanti fanno parte di uno dei tre gruppi di cui si può omettere l’indicazione precisa).

Queste due sostanze sono state dichiarate dalla IARC come potenzialmente cancerogene addirittura nel 1987 (il BHT fa parte del gruppo IARC 3, il BHA del gruppo 2B), ma in UE sono ancora legali, perché l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha stabilito dei limiti di sicurezza che, se rispettati, non dovrebbero (e sottolineo dovrebbero) portare problemi agli animali, o per lo meno non ci sono effetti tossici dimostrati da rendere necessario bandire questi additivi. E questo non vale solo per gli animali ma anche per l’uomo, dove BHT e BHA, rispettivamente E321 ed E320 sono legali negli alimenti, tranne che nei prodotti per l’infanzia (Reg. CE 1333/2008). Naturalmente, la decisione dell’UE non è definitiva ed è in continuo divenire: man mano che la ricerca andrà avanti non è da escludere che questi antiossidanti saranno vietati definitivamente, sia nell’uomo che negli animali, ma in questo caso la normativa dipende dalle fonti scientifiche a disposizione: del resto, agli inizi del ‘900 venivano commercializzati alimenti e acqua radioattivi perché si pensava (per le conoscenze scientifiche dell’epoca) che la radioattività fosse benefica… e la legge lo permetteva!

Un esempio di additivo rimosso dalla lista di additivi autorizzati, perché il loro impiego non è stato considerato sicuro è l’Etossicichina, uno degli additivi più discussi degli anni passati (che è stata legale per molti anni), sospesa con il Reg. di esecuzione UE 2017/962 che, quindi, non possiamo più trovare negli alimenti per animali.

Ma perché è passato così tanto tempo dai dubbi scientifici sulla mancata sicurezza all’abolizione?

La risposta è che la legge è, in generale, molto lenta nel proteggere la salute degli animali, ma anche umana: per fare un esempio, l’acrilammide (che non è un additivo ma un contaminante, l’ho scelta perché rende bene l’idea) è stata considerata dalla IARC un potenziale cancerogeno nel 1994, ha visto arrivare il parere EFSA sulla sostanza negli alimenti solo nel 2015 e un regolamento che ne limita la presenza negli alimenti (non è un additivo, si forma spontaneamente in cottura) verrà approvato solo l’11 Aprile 2018, a più di 20 anni di distanza dalla classificazione come possibile cancerogeno.

Come evitare gli additivi?

In mancanza di una “protezione” di natura legale, sta ai proprietari, al momento, evitare additivi potenzialmente dannosi per il cane e per il gatto, anche solamente in via precauzionale. Per evitare gli additivi su cui abbiamo dei dubbi ci sono essenzialmente tre modi:

  • Scoprire quali additivi sono presenti in un alimento: secondo l’art. 19 del Reg. 767/09 le aziende mangimistiche devono mettere a disposizione un numero di telefono gratuito, come servizio clienti, che indica in modo specifico gli additivi presenti anche nei tre gruppi “criptici”; un sistema molto macchinoso quando si deve analizzare un alimento, ma è l’unica strada;
  • Scegliere alimenti senza additivi relativi ai gruppi “nascosti” (antiossidanti, coloranti, conservanti): in base all’articolo 11 del Reg. 767/09, il produttore non può inserire indicazioni ingannevoli in etichetta, per cui se dichiara che non sono presenti alcuni additivi, quelli non devono essere presenti (altrimenti è un illecito); da notare che alcuni produttori più corretti dichiarano quali additivi sono presenti, senza nasconderli nei “gruppi” (tipo antiossidanti, come abbiamo visto prima), come informazioni facoltative in etichetta;
  • Passare all’alimentazione casalinga utilizzando alimenti umani. Anche qui, però, non siamo del tutto sicuri di evitare ogni additivo perché gli additivi sono ammessi anche negli alimenti per esseri umani. Ciò che aiuta in questo senso è che l’indicazione in etichetta, per merito delle normative sugli alimenti umani (Reg. UE 1169/11), è molto più chiara rispetto alla normativa mangimistica, quindi la scelta dell’alimentazione casalinga rende più difficile che gli animali possano ingerire degli additivi dannosi o che, comunque, non vogliamo fornire.

Purtroppo, però, ad oggi non c’è un modo definitivo per capire quali sono gli additivi pericolosi: certo, per alcuni, come quelli precedentemente citati, c’è della letteratura, mentre per altri potremmo non saperne nulla, per ora, salvo poi scoprire un potenziale pericolo tra alcuni anni, grazie al miglioramento delle conoscenze scientifiche.

E se riuscissimo, davvero, ad evitare tutti gli additivi negli alimenti, si può stare proprio del tutto tranquilli? Beh… no. Perché anche se in un alimento non vengono usati additivi, e ne siamo matematicamente certi (perché, ad esempio, è vietato utilizzare qualunque additivo in una certa tipologia di carne) non possiamo comunque essere troppo tranquilli, perché… gli additivi sono sostanze intenzionalmente aggiunte negli alimenti, ma rimane il problema di quelle che non sono aggiunte intenzionalmente, i residui e i contaminanti alimentari.

Un argomento affascinante di cui, tuttavia, parleremo nei prossimi articoli.

 

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